Taglio in deficit

Un passo azzardato

La valutazione del ministro Padoan, sulla situazione europea, quale la si legge nella sua conversazione con “il Foglio” di mercoledì scorso ci sembra sostanzialmente corretta. All’indomani della crisi greca, Padoan conforta dalle tante sciocchezze che leggiamo o abbiamo letto. C’è più di un ragione di preoccupazione per quanto potrà ancora accadere ed è ancora presto per credere che tutto sia andato a posto. “La strada dell’euro” è aspra ed in salita, non abbiamo mai pensato il contrario. Il problema è che quella per uscirne appare a rotta di collo, sia nel caso si fossero fatti aggiustamenti significativi, a maggior ragione se si fosse rimasti a girarsi i pollici. Soprattutto, siamo d’accordo sotto il profilo teorico con l’analisi di Padoan. Possiamo sbizzarrirci fin che ci pare su come sia la vita fuori dall’euro, ciò non toglie che questa resti un’incognita pura e semplice, come l’esistenza ultramondana. L’unica cosa certa, lo dice Padoan e lo sottoscriviamo, è che se uno stato uscisse dalla moneta unica troppo indebitato, la sua posizione si aggraverebbe ulteriormente. Queste premesse pregevoli vanno poi però anche vagliate dal profilo dell’azione di politica economica assunto dal governo. Padoan è convinto che sono state fatte delle riforme eccezionali e non vorremmo mai dissuaderlo da questa sua convinzione, così come ci fa piacere che egli riconosca la necessità di abbattere il peso fiscale che rallenta ed opprime la crescita del Paese. Se questa è l’impostazione del governo in barba ai Visco, ai Cofferati, ai Fassina, noi ne saremmo felici perché è sulla considerazione della politica fiscale che si ruppe il rapporto con il centrosinistra nel 2001 e se un premier di centrosinistra rovesciasse la tendenza puramente statalista del suo partito, questo creerebbe una premessa per ricostruire un dialogo importante mancato per troppi anni. Senza entrare quindi nella questione se bisogna partire dall’Imu, piuttosto che da un’altra tassa, la nostra unica preoccupazione è se nelle condizioni descritte da Padoan e cioè tutt’altro che tali da indurre all’ottimismo, si possa pensare ad una riduzione delle tasse in deficit, anche con il consenso dell’Europa. Perché il rischio è quello di un'ulteriore ricaduta sul debito pubblico. È chiaro che se ci fosse un incremento produttivo tale da consentire il taglio fiscale da se, sarebbe cosa formidabile. Attenti solo a passare dal tradizionale tassa e spendi alla fascinazione per la “voodoo economics”. Un salto tanto azzardato potrebbe rivelarsi proibitivo.

Roma, 22 Luglio 2015